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Silent Hill: la vera ghost town


"Silent Hill è una ridente località di villeggiatura americana che sorge in riva al lago Toluca. È divisa in diverse aree, tra cui la parte antica della città e quella residenziale. La città ospita una stazione di polizia, un orfanatrofio, più di un ospedale e tutti i comfort per i turisti (negozi, alberghi, centri commerciali, parchi, bowling, ecc)."
Questa è la Silent Hill dell'omonimo e celebre videogioco, un survival horror dalla trama inquietante e paurosa. Costruita su un antico cimitero indiano, la città ebbe un passato travagliato che la portò ad essere popolata e abbandonata più volte, fino a diventare la sede di una setta che praticava sacrifici umani e necromanzia. Nel gioco Silent Hill è costantemente sommersa da una nebbia fittissima, da pioggia, neve e cenere che vengono giù in tutte le stagioni. Appena suona la sirena antibombardamento la città si trasforma nell'otherworld, una dimensione parallela distorta, dove ogni cosa, dagli edifici alle strade, muta, assumendo l'aspetto che avrebbe dopo un terribile incendio: ovunque bruciato, sangue e corpi appesi ai muri. Un purgatorio da attraversare in cui bisogna scegliere se affrontare i propri demoni o morire.

Una scena dal videogioco Silent Hill

Nel 2006 dal videogioco  è stato tratto un film, diretto da Christophe Gans, in cui la storia, seppur in parte diversa, nasce dal primo episodio della serie. Nel film Silent Hill è una città fantasma in West Virginia abbandonata nel 1974 a causa di un devastante incendio. La sceneggiatura in questo caso trae però spunto da una storia vera...

Scena tratta dal film Silent Hill, 2006



La città dell'incubo infatti è realmente esistita. Il suo nome non è Silent Hill, bensì Centralia e si trova nello stato della Pensylvania.
La città sorse all'inizio dell'800 sopra un enorme giagimento di antracite, carbone fossile puro al 95%, che venne estratto in quantitativi industriali fino alla fine del XIX secolo. Durante il periodo d'oro Centralia contava oltre 2.000 abitanti, ma nel maggio del 1962 un fatale incidente ha segnato per sempre il destino di ognuno di essi...
La vena carbonifera prese improvvisamente fuoco e l'incendio sotterraneo divampò a dismisura rendendo vano ogni tentativo di spegnerlo.
"Questo era un mondo in cui nessun essere umano poteva sopravvivere, più caldo del pianeta Mercurio, la sua atmosfera velenosa come quella di Saturno. Al centro dell'incendio le temperature superavano facilmente i 1.000°F. Letali nuvole di monossido di carbonio e altri gas turbinavano attraverso le fessure nella roccia."  David DeKok (1986)
Non si conoscono ancora per certo le cause effettive dell'incendio. Pare che il fuoco si sia scatenato dall'immissione di rifiuti ardenti in un deposito dismesso. Quel che è certo è che le conseguenze furono disastrose. Nuvole di cenere e fumo bianco coprirono la città, gli alberi morirono, l'asfalto si sciolse e ovunque si formarono crepe e voragini. Nel ventennio successivo la popolazione venne fatta progressivamente evacuare. Nel 1979 venne inserito un termometro nel sottosuolo per controllare il livello della benzina di un distributore malfunzionante e, con stupore, segnò 77.8°C. Nel 1981, inoltre, un dodicenne cadde in una voragine di 46m che gli si aprì improvvisamente sotto i piedi. Per fortuna sopravvisse grazie all'intervento del fratello.
Oggi Centralia è una città fantasma popolata da appena una decina di persone. Molti edifici sono stati abbattuti e in alcuni punti, dalle crepe nell'asfalto, esce del pericoloso monossido di carbonio. L'incendio sotto Centralia è ancora attivo e si calcola che lo sarà per centinaia di anni. La sua tragica sorte ne ha fatto una lugubre e tristemente istruttiva attrazione turistica.

Centralia prima del 1960
 
La miniera di Carbone

Centralia oggi

Oggi

Oggi

Il fumo che esce dal sottosuolo


Centralia



Link utili:

Da Castelnuovo a Camonti. Di Emilio Polverini.



“ Si comunica che nel pomeriggio di martedì 29 marzo 1994 è stata ritirata dal fronte della lignite l’ultima macchina di scavo ancora presente. / Con questo atto si conclude la fase produttiva della Miniera di Santa Barbara. […]”
Con questo scarno messaggio, inviato per conoscenza alle varie Unità dell’ENEL e Aree Operative interessate, ha termine l’avventura industriale del bacino lignitifero del Valdarno. Ben altri erano stati gli accenti quando l’ingegner Luigi Langer, dopo un lungo soggiorno presso l’Esposizione Universale di Parigi del 1867, prospettò per primo la possibilità di creare una grande e moderna industria mineraria e siderurgica nel Valdarno. E soprattutto ricordiamo l’enfasi con cui la stampa locale, negli anni 1956-1957, descriveva le mirabili realizzazioni che sarebbero state attuate con il “piano Santa Barbara”. Chi, nei paesi del bacino lignitifero, ha vissuto quel periodo ha ancora presente l’impaziente aspettativa del benessere che sarebbe arrivato con i nuovi impianti, dopo tanti anni di crisi e di depressione. Ci si immaginava un bengòdi che non sarebbe finito mai; ora, esaurita la lignite, sembra che quest’ultimo mezzo secolo sia trascorso in un attimo.
Naturalmente tutti prevedevano che la “coltivazione a cielo aperto”, prospettata dal piano Santa Barbara, avrebbe provocato sconvolgimenti nel territorio minerario. Erano ancora molto evidenti gli effetti causati dagli “sterri” nella seconda metà dell’800 e, ancor più vistosi, quelli provocati dalle escavazioni dei primi decenni del secolo scorso, sebbene i primi fossero stati effettuati quasi completamente a mano e le seconde con mezzi meccanici infinitamente meno potenti di quelli moderni. Ma nessuno immaginava l’entità del cambiamento che si sarebbe avuto alla fine dei lavori.
       L’industria mineraria provocò non soltanto la trasformazione fisica del territorio, ma generò anche modificazioni, non meno importanti, nella vita politica, sociale, economica e culturale dei paesi circostanti. Nuovi operai, fin dalla seconda metà dell’Ottocento, accorrevano da tutte le parti, soprattutto dalla Maremma e dalla Romagna, attratti dal miraggio di un lavoro sicuro e ben remunerato. Nel Comune di Cavriglia [...] e soprattutto nel paese di Castelnuovo, che in pochi anni raddoppiò la sua popolazione, si viveva un clima da “corsa all’oro”: prosperavano le bettole e cambiavano le antiche usanze. Purtroppo, date le caratteristiche della lignite, si alternavano periodi di grande espansione a periodi di drammatica contrazione, perché la richiesta di questo minerale aumentava enormemente quando eventi economici internazionali o guerre facevano scarseggiare, e quindi rincarare, i combustibili più pregiati. Nei periodi di crisi la maggior parte delle persone venute da fuori non ritornava nei propri paesi di origine: le risorse lavorative locali, quasi esclusivamente agricole, non erano in grado di sostentare una popolazione artificiosamente aumentata. Quindi disoccupazione, miseria, scioperi e lotte.
Tutte queste vicende, negative e positive, sono state studiate e descritte, in tutti i loro aspetti, in moltissimi libri, tesi, saggi e articoli pubblicati specialmente negli ultimi trent’anni. Ma un aspetto, un po’ particolare, mi pare sia stato soltanto sfiorato in qualche pubblicazione. Si tratta degli effetti causati, direttamente e indirettamente, dall’attività mineraria sugli edifici di culto e similari: chiese, cappelle, cimiteri, tabernacoli. Effetti, anche questi, negativi e positivi: distruzione o trasformazione di edifici esistenti, costruzione di nuovi e anche – cosa singolare che denota mancanza di efficace programmazione – costruzione e successiva distruzione dello stesso edificio sacro nell’arco di qualche decina di anni.
Oggi, a Castelnuovo Dei Sabbioni, la vecchia chiesa si erge ancora sul cocuzzolo dove un tempo sorgeva la rocca dell’antico castello. Attualmente tutto ciò che rimane del vecchio paese, comprese la chiesa e la canonica, è proprietà del Comune di Cavriglia. Tutto il complesso parrocchiale sarà destinato ad ospitare un Museo e un Centro di Documentazione delle Miniere. L’attività mineraria ha modificato e movimentato alquanto l’esistenza della chiesa di Castelnuovo... 

L'articolo è tratto da "CORRISPONDENZA", pubblicazione semestrale, Fiesole, anno XXVII n. 1 (51), 6 luglio 2007, pp. 10-13.

Di seguito un estratto dell'episodio di Ghost Town: Castelnuovo Dei Sabbioni - Il paese della memoria.

Castelnuovo dei Sabbioni, il paese della memoria


Castelnuovo dei Sabbioni è un paesino della provincia di Arezzo, situato curiosamente in un punto che si trova a 33km da Arezzo, a 33km da Siena e a 33km da Firenze. La sua storia è legata a quella della sua miniera di lignite, che serviva per alimentare la vicina centrale elettrica. Negli anni, gli scavi della miniera hanno portato ad un progressivo ed inesorabile disfacimento del suolo sottostante la collina su cui è costruto il paese, e a metà degli anni '60 a causa delle continue frane, il borgo è stato definitivamente sgomberato.


Oggi 3 quarti di Castelnuovo dei Sabbioni sono spariti. Inghiottiti dalla miniera che dava lavoro a tutti i suoi abitanti e che è rimasta attiva fino al 1994. Ciò che rimane è il centro del paese, la piazza principale che il 4 luglio del 1944 è stata teatro di un tremendo eccidio nazista. Quel giorno, 75 uomini vennero barbaramente trucidati dalle truppe delle SS, entrate nel paese col preciso scopo di compiere una carneficina per rappresaglia. Lo stesso destino che accomunò molti altri paesi dei dintorni, in quella tragica estate del 1944.


Ma nonostante questo paese ormai abbandonato sia legato a ricordi tragici e sia rimasto vittima del loro stesso lavoro, i suoi abitanti continuano a portarne avanti la memoria, con affetto, con nostalgia e con la volontà di far conoscere a tutti la loro storia.