I vostri racconti...


Se avete dei racconti di viaggio in luoghi particolari, sconosciuti o dimenticati, abbandonati o distanti dall'umanità, in Italia o nel resto del Mondo, e volete raccontare la vostra esperienza; oppure se volete dire la vostra opinione riguardo al futuro di paesi in stato di abbandono o degrado; o ancora se volete segnalarci dei luoghi abbandonati che vi hanno particolarmente impresso, inviateci i vostri racconti utilizzando questa mail: chiara.salvadori@pgmvideo.com. Saremo lieti di pubblicarli sul nostro blog!

Sondaggio a quiz 1

Vediamo la vostra conoscenza sull'argomento...
Da oggi cominceremo una serie di quiz mirati alla conoscenza storico-culturale di luoghi tristemente dimenticati, ma che meritano di essere ricordati, non solo per la loro bellezza, ma anche per la loro importanza. Il quiz verterà anche su argomenti sociali importanti e su aspetti ambientali di grande rilevanza legati al futuro delle nostre città e non solo...
La maggior parte delle soluzioni le potrete trovare all'interno del nostro blog utilizzando le chiavi di ricerca o le etichette sugli argomenti trattati. Presto metteremo anche in palio dei premi per chi darà la giusta risposta che comunicheremo alla scadenza del sondaggio.
Quindi buon divertimento!

Ecco la prima domanda:
Su quale monte si trova il bellissimo borgo fantasma di Pentedattilo? 

Potrete dare la vostra risposta a questo link o nell'apposita sezione nella colonna destra del blog.

14 gennaio 1968: il terremoto del Belice


Ricordiamo oggi una delle più grandi tragedie del nostro paese: il terremoto del Belice. Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968, esattamente 43 anni fa, un violento evento sismico di magnitudo 6.4 della scala Richter colpì una vasta area della Sicilia occidentale compresa tra la Provincia di Agrigento, Trapani e Palermo. Il terremoto venne subito sottovalutato ma la sua realtà si mostrò con terribile evidenza quando giunsero i soccorsi: le strade erano letteralmente risucchiate dalla terra e le città di Gibellina, Salaparuta e Montevago furono completamente rase al suolo. Le vittime furono 370 e 70.000 gli sfollati. Tra i 14 centri colpiti ci fu anche il bellissimo paese di Poggioreale che, fortunatamente, contò solo 4 morti, ma i danni dovuti al sisma costrinsero la popolazione ad abbandonare per sempre le loro case.

Poggioreale

Gibellina

Il terremoto del Belice mise tristemente a nudo lo stato di arretratezza in cui si trovavano le zone delle Sicilia orientale e la scarsa prontezza dei soccorsi in caso di gravi emergenze. I successivi stanziamenti, anzichè migliorare le condizioni degli abitanti e mirare a salvare il patrimonio artistico e architettonico di paesi come Poggioreale, diedero luogo a costruzioni faraoniche e spesso inutili, come l'opera d'arte di Alberto Burri che sui ruderi di Gibellina costruì un impianto labirintico di vie e isolati che mantengono l'impronta dell'antico tracciato del paese.
Oggi la splendida Valle del Belice sembra lentamente riprendersi grazie soprattutto all'operosità dei suoi abitanti, ma occorre fare ancora molto per salvare e salvaguardare le bellezze architettoniche e paesaggistiche di luoghi che stanno scomparendo...

Il terremoto del Belice e la storia di Poggioreale e Gibellina sono narrati nel documentario Ghost Town: Poggioreale. La nuova Pompei. Di seguito un estratto:



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Craco


Craco è una delle più belle città fantasma del mondo, un misterioso gioiello che l'Italia tiene gelosamente nascosto ma la cui fama si è diffusa ben oltre i suoi confini.
Situata sulla sommità di un colle che domina i solitari calanchi della valle del Cavone, in Basilicata, Craco sembra una piccola copia della vicina Matera. 
Sul monte più alto di questa valle argillosa formatasi quasi 7 milioni di anni fa, si formò l'antico insediamento la cui popolazione raggiunse persino i 2000 abitanti. L'insediamento di "Graculum", che in latino significa "piccolo campo arato", viene documentato per la prima volta nel 1060 ma la struttura del borgo antico appartiene al periodo tra il 1154 e il 1168. Grazie alla sua posizione privilegiata Craco fu un importante centro strategico militare durante il regno di Federico II.
Nel XV secolo la città si espanse intorno ai quattro palazzi principali: il Palazzo Maronna, con un bell'ingresso monumentale, il Palazzo Grossi, con volte a vela e splendidi motivi floreali, il Palazzo Carbone, che presenta un ingresso monumentale del '400, e il Palazzo Simonetti, con i suoi singolari medaglioni dipinti.

Calanchi
Affreschi

Nel 1799  Craco aderì agli ideali repubblicani di Innocenzo De Cesare, il movimento della borghesia rurale che si proponeva di rompere i rapporti con i nobili feudatari, e poi si assopì nel silenzio, fino all'ultimo tragico avvenimento del 1963...
Una frana di vaste proporzioni si portò via parte del borgo costringendo gli abitanti a lasciare progressivamente le proprie case. L'alluvione del 1972 fu un altro duro colpo e il paese scivolò ancora insieme ai muri di contenimento che dovevano sorreggerlo. Non tutti gli abitanti vollero lasciare il paese e alcuni sono rimasti lì fino alla loro morte.


Oggi Craco non frana più ed è continuamente monitorata. Il suo fascino quasi soprannaturale rievoca i fasti di un tempo, la sua effimera e vana bellezza sembra quasi un'illusione... 
La natura piano piano si sta impossessando del bel paese color ocra, un paese che nasconde misteri e storie di spettri che rivendicano la loro dimora nelle notti buie. C'è chi afferma di sentire urla strazianti, rumori di passi, e di vedere fioche luci che illuminano la desolazione del vuoto di una vecchia finestra.
La fama mondiale di città fantasma ha però condotto Craco verso un destino che forse non avrebbe mai immaginato, ovvero quello di essere un'ambito set cinematografico. Qui infatti sono stati girati numerosi film, da Cristo si è fermato a Eboli a King David, da Terra Bruciata a Quantum of Solace, fino a La Passione di Cristo, in cui ha fatto da sfondo alla scena dell'impiccagione di Giuda.
Ogni tanto si scorge qualche turista a Craco, attratto dal fascino e dal mistero dell'abbandono... Peccato però che le politiche del luogo siano rivolte allo sfruttamento economico del posto e non alla sua promozione artistico-culturale, per cui se un turista vuole innoltrarsi nel paese si trova costretto a pagare, sennò incorre in una multa. Questo tipo di politica mirata allo sfruttamento del luogo puramente in senso economico purtroppo non ci ha permesso di realizzare una puntata di Ghost Town su questo splendido e solitario paese avvolto nel silenzio...




Silent Hill: la vera ghost town


"Silent Hill è una ridente località di villeggiatura americana che sorge in riva al lago Toluca. È divisa in diverse aree, tra cui la parte antica della città e quella residenziale. La città ospita una stazione di polizia, un orfanatrofio, più di un ospedale e tutti i comfort per i turisti (negozi, alberghi, centri commerciali, parchi, bowling, ecc)."
Questa è la Silent Hill dell'omonimo e celebre videogioco, un survival horror dalla trama inquietante e paurosa. Costruita su un antico cimitero indiano, la città ebbe un passato travagliato che la portò ad essere popolata e abbandonata più volte, fino a diventare la sede di una setta che praticava sacrifici umani e necromanzia. Nel gioco Silent Hill è costantemente sommersa da una nebbia fittissima, da pioggia, neve e cenere che vengono giù in tutte le stagioni. Appena suona la sirena antibombardamento la città si trasforma nell'otherworld, una dimensione parallela distorta, dove ogni cosa, dagli edifici alle strade, muta, assumendo l'aspetto che avrebbe dopo un terribile incendio: ovunque bruciato, sangue e corpi appesi ai muri. Un purgatorio da attraversare in cui bisogna scegliere se affrontare i propri demoni o morire.

Una scena dal videogioco Silent Hill

Nel 2006 dal videogioco  è stato tratto un film, diretto da Christophe Gans, in cui la storia, seppur in parte diversa, nasce dal primo episodio della serie. Nel film Silent Hill è una città fantasma in West Virginia abbandonata nel 1974 a causa di un devastante incendio. La sceneggiatura in questo caso trae però spunto da una storia vera...

Scena tratta dal film Silent Hill, 2006



La città dell'incubo infatti è realmente esistita. Il suo nome non è Silent Hill, bensì Centralia e si trova nello stato della Pensylvania.
La città sorse all'inizio dell'800 sopra un enorme giagimento di antracite, carbone fossile puro al 95%, che venne estratto in quantitativi industriali fino alla fine del XIX secolo. Durante il periodo d'oro Centralia contava oltre 2.000 abitanti, ma nel maggio del 1962 un fatale incidente ha segnato per sempre il destino di ognuno di essi...
La vena carbonifera prese improvvisamente fuoco e l'incendio sotterraneo divampò a dismisura rendendo vano ogni tentativo di spegnerlo.
"Questo era un mondo in cui nessun essere umano poteva sopravvivere, più caldo del pianeta Mercurio, la sua atmosfera velenosa come quella di Saturno. Al centro dell'incendio le temperature superavano facilmente i 1.000°F. Letali nuvole di monossido di carbonio e altri gas turbinavano attraverso le fessure nella roccia."  David DeKok (1986)
Non si conoscono ancora per certo le cause effettive dell'incendio. Pare che il fuoco si sia scatenato dall'immissione di rifiuti ardenti in un deposito dismesso. Quel che è certo è che le conseguenze furono disastrose. Nuvole di cenere e fumo bianco coprirono la città, gli alberi morirono, l'asfalto si sciolse e ovunque si formarono crepe e voragini. Nel ventennio successivo la popolazione venne fatta progressivamente evacuare. Nel 1979 venne inserito un termometro nel sottosuolo per controllare il livello della benzina di un distributore malfunzionante e, con stupore, segnò 77.8°C. Nel 1981, inoltre, un dodicenne cadde in una voragine di 46m che gli si aprì improvvisamente sotto i piedi. Per fortuna sopravvisse grazie all'intervento del fratello.
Oggi Centralia è una città fantasma popolata da appena una decina di persone. Molti edifici sono stati abbattuti e in alcuni punti, dalle crepe nell'asfalto, esce del pericoloso monossido di carbonio. L'incendio sotto Centralia è ancora attivo e si calcola che lo sarà per centinaia di anni. La sua tragica sorte ne ha fatto una lugubre e tristemente istruttiva attrazione turistica.

Centralia prima del 1960
 
La miniera di Carbone

Centralia oggi

Oggi

Oggi

Il fumo che esce dal sottosuolo


Centralia



Link utili:

Da Castelnuovo a Camonti. Di Emilio Polverini.



“ Si comunica che nel pomeriggio di martedì 29 marzo 1994 è stata ritirata dal fronte della lignite l’ultima macchina di scavo ancora presente. / Con questo atto si conclude la fase produttiva della Miniera di Santa Barbara. […]”
Con questo scarno messaggio, inviato per conoscenza alle varie Unità dell’ENEL e Aree Operative interessate, ha termine l’avventura industriale del bacino lignitifero del Valdarno. Ben altri erano stati gli accenti quando l’ingegner Luigi Langer, dopo un lungo soggiorno presso l’Esposizione Universale di Parigi del 1867, prospettò per primo la possibilità di creare una grande e moderna industria mineraria e siderurgica nel Valdarno. E soprattutto ricordiamo l’enfasi con cui la stampa locale, negli anni 1956-1957, descriveva le mirabili realizzazioni che sarebbero state attuate con il “piano Santa Barbara”. Chi, nei paesi del bacino lignitifero, ha vissuto quel periodo ha ancora presente l’impaziente aspettativa del benessere che sarebbe arrivato con i nuovi impianti, dopo tanti anni di crisi e di depressione. Ci si immaginava un bengòdi che non sarebbe finito mai; ora, esaurita la lignite, sembra che quest’ultimo mezzo secolo sia trascorso in un attimo.
Naturalmente tutti prevedevano che la “coltivazione a cielo aperto”, prospettata dal piano Santa Barbara, avrebbe provocato sconvolgimenti nel territorio minerario. Erano ancora molto evidenti gli effetti causati dagli “sterri” nella seconda metà dell’800 e, ancor più vistosi, quelli provocati dalle escavazioni dei primi decenni del secolo scorso, sebbene i primi fossero stati effettuati quasi completamente a mano e le seconde con mezzi meccanici infinitamente meno potenti di quelli moderni. Ma nessuno immaginava l’entità del cambiamento che si sarebbe avuto alla fine dei lavori.
       L’industria mineraria provocò non soltanto la trasformazione fisica del territorio, ma generò anche modificazioni, non meno importanti, nella vita politica, sociale, economica e culturale dei paesi circostanti. Nuovi operai, fin dalla seconda metà dell’Ottocento, accorrevano da tutte le parti, soprattutto dalla Maremma e dalla Romagna, attratti dal miraggio di un lavoro sicuro e ben remunerato. Nel Comune di Cavriglia [...] e soprattutto nel paese di Castelnuovo, che in pochi anni raddoppiò la sua popolazione, si viveva un clima da “corsa all’oro”: prosperavano le bettole e cambiavano le antiche usanze. Purtroppo, date le caratteristiche della lignite, si alternavano periodi di grande espansione a periodi di drammatica contrazione, perché la richiesta di questo minerale aumentava enormemente quando eventi economici internazionali o guerre facevano scarseggiare, e quindi rincarare, i combustibili più pregiati. Nei periodi di crisi la maggior parte delle persone venute da fuori non ritornava nei propri paesi di origine: le risorse lavorative locali, quasi esclusivamente agricole, non erano in grado di sostentare una popolazione artificiosamente aumentata. Quindi disoccupazione, miseria, scioperi e lotte.
Tutte queste vicende, negative e positive, sono state studiate e descritte, in tutti i loro aspetti, in moltissimi libri, tesi, saggi e articoli pubblicati specialmente negli ultimi trent’anni. Ma un aspetto, un po’ particolare, mi pare sia stato soltanto sfiorato in qualche pubblicazione. Si tratta degli effetti causati, direttamente e indirettamente, dall’attività mineraria sugli edifici di culto e similari: chiese, cappelle, cimiteri, tabernacoli. Effetti, anche questi, negativi e positivi: distruzione o trasformazione di edifici esistenti, costruzione di nuovi e anche – cosa singolare che denota mancanza di efficace programmazione – costruzione e successiva distruzione dello stesso edificio sacro nell’arco di qualche decina di anni.
Oggi, a Castelnuovo Dei Sabbioni, la vecchia chiesa si erge ancora sul cocuzzolo dove un tempo sorgeva la rocca dell’antico castello. Attualmente tutto ciò che rimane del vecchio paese, comprese la chiesa e la canonica, è proprietà del Comune di Cavriglia. Tutto il complesso parrocchiale sarà destinato ad ospitare un Museo e un Centro di Documentazione delle Miniere. L’attività mineraria ha modificato e movimentato alquanto l’esistenza della chiesa di Castelnuovo... 

L'articolo è tratto da "CORRISPONDENZA", pubblicazione semestrale, Fiesole, anno XXVII n. 1 (51), 6 luglio 2007, pp. 10-13.

Di seguito un estratto dell'episodio di Ghost Town: Castelnuovo Dei Sabbioni - Il paese della memoria.

Terremoto di Messina e Reggio. 28 dicembre 1908


« Le descrizioni dei giornali di Reggio e dintorni sono al di sotto del vero. Nessuna parola, la più esagerata, può darvene l’idea. Bisogna avere visto. Immaginate tutto ciò che vi può essere di più triste, di più desolante. Immaginate una città abbattuta totalmente, degli inebetiti per le vie, dei cadaveri in putrefazione ad ogni angolo di via, e voi avrete un’idea approssimativa di che cos’è Reggio, la bella città che fu. » (Pietro Mancini della squadra di soccorso di Cosenza)
Il 28 dicembre 1908, esattamente 102 anni fa, avvenne quello che è considerato uno degli eventi più catastrofici del XX secolo. Forse si contano sulle dita di una mano quelli che oggi possono raccontarlo perché ne furono testimoni, forse di loro non è rimasto più nessuno, ma di certo è rimasto nella memoria storica del nostro Paese e dei figli di coloro che l'hanno vissuto.
Alle ore 5:21 di quel terribile giorno si verificò un sisma di proporzioni catastrofiche che toccò i 7,2 gradi della scala Richter e rase letteralmente al suolo le città di Messina e Reggio Calabria. Uno dei più potenti sismi della storia, come molte altre volte, ha colpito al buio, nel sonno delle sue vittime. 
Il terremoto distrusse i cavi elettrici e del gas, lasciando quindi la popolazione senza luce e causando devastanti incendi. A Messina sotto la nube di polvere che oscurò il cielo e sotto la pioggia torrenziale molti sopravvissuti scapparono verso il mare ignari di quello che ancora li aspettava... 
Ai danni provocati dal terremoto e dagli incendi si aggiunse anche un maremoto di impressionante violenza che si riversò sulle coste delle Stretto con onde stimate dai 6 ai 12 metri di altezza che spazzarono via tutti coloro che proprio lungo la costa cercarono rifugio.
Secondo le stime i morti furono addirittura 120.000... A Messina ce ne furono ben 80.000, mentre a Reggio le vittime furono 15.000 su 45.000 abitanti che contava all'epoca.
Molti luoghi di interesse artistico e culturale andarono distrutti. Tra questi l'imponente Teatro Marittimo di Messina, il primo collegio gesuitico al mondo, il Duomo e il Palazzo della Dogana, sempre a Messina; mentre a Reggio sparirono la lunghissisma Real Palazzina, il Palazzo San Giorgio e l'antichissima basilica bizzantina della Cattolica dei Greci. Opere di inestimabile bellezza scomparse per sempre...

 
 

Lo splendido Teatro Marittimo di Messina

Secondo alcuni studiosi il DNA degli abitanti dello Stretto è stato persino modificato dal Radon, un gas radioattivo presente in natura che aumenta la sua concentrazione in caso di terremoto. Inoltre pare che a causare il disastroso maremoto sia stata la frana di una grotta sottomarina e non direttamente il sisma.
Entrambe le città sono riuscite a risorgere dalle rovine, lasciando però una scia di innumerevoli morti che ogni anno, il 28 dicembre, vengono commemorati e ricordati.
L'area dello Stretto di Messina è una zona ad elevata sismicità e possiede numerosi centri abitati, tra cui le grandi città di Messina e Reggio Calabria. Nonostante tutto gli esperti dicono che in futuro potrebbe esserci un terremoto ancora più devastante di quello del 1908, con la differenza che oggi le due città contano oltre 500.000 abitanti...


Un altro grande terremoto che ha colpito la Sicilia, quello del Belice del 1968, è raccontato nella puntata di Ghost Town: Poggioreale - La Nuova Pompei


Un passato che scompare, un presente che dimentica e un futuro che cancella

 

"Questa è la vera natura della casa: il luogo della pace, il rifugio non soltanto dal torto, ma anche da ogni paura, dubbio e discordia." John Ruskin
Immaginiamo una casa, la nostra casa. Il luogo in cui ci rifugiamo, ci riposiamo, dove ogni giorno ci ritroviamo. Magari giriamo per il mondo ma la casa rimane sempre il nostro punto fisso, la nostra meta principale. Ora immaginiamo di perderla, di doverla lasciare per sempre... Immaginiamo un paese di case o una città, immaginiamo ogni luogo che ogni giorno frequentiamo. Immaginiamo un ricordo della nostra infanzia. E ora immaginiamo un cimitero di case, ricordi frantumati e rovine di vite interrotte...
E' stato il triste destino di molte città e sarà l'inesorabile destino di altrettante. Sono numerose le città fantasma in Italia e nel mondo, di più di quante si possa immaginare. Alcune resistono per ora al tempo e alla distruzione, altre sono scomparse per sempre insieme alla loro storia, cancellate dai ricordi e dalle mappe geografiche. 
Possono essere molte le cause di un abbandono, il più delle volte traumatico e doloroso. Terremoti, innondazioni, incendi, frane, disastri naturali di fronte ai quali si rimane inermi. Ma il più delle volte la causa è l'uomo stesso. Molti paesi sono stati abbandonati perché sono stati lasciati soli, dimenticati prima ancora di essere morti. Magari sfruttati finché producevano ricchezza e poi emarginati ai limiti della loro esistenza. E poi si svuotano lentamente e lentamente diventano scheletri del passato. Perché l'uomo ha bisogno di una casa per sentirsi al sicuro ma anche la casa ha bisogno dell'uomo per restare in piedi...
Oggi il presente di molte case è questo...

Pripyat, abbandonata dopo il disastro di Chernobyl

Golden, New Mexico

Poggioreale, abbandonata dopo il terremoto del Belice. Sicilia.

Romagnano Al Monte, abbandonata dopo il terremoto dell'Irpinia. Campania.


Ma il futuro potrebbe essere ancora peggiore...

 

Il futuro di Timbuktu
 
Una città come Detroit negli ultimi 30 anni ha perso oltre 700.000 abitanti. Mezzo secolo fa contava quasi 2 milioni di abitanti, oggi ne ha appena 900.000 ed è in vertiginoso calo.
But Banjul, capitale del Gambia, rischia di affondare completamente in mare a causa dell'erosione e dell'innalzamento del livello del mare. Anche Città Del Messico sta affondando ma non a causa del mare, bensì di una falda acquifera che è la principale fonte di acqua potabile. Ogni volta che un abitante beve un bicchiere d'acqua la città affonda un pochino. Negli ultimi 100 anni è scesa di ben 9 metri. Napoli potrebbe essere potenzialmente distrutta dall'eruzione del Vesuvio, così come San Francisco dal temuto Big One.  

Come si presenta oggi Detroit
But Banjul

Il passato non si può cambiare ma è nel presente che possiamo fare qualcosa per impedire che intere città scompaiano o vengano dimenticate.
In Italia un recente rapporto realizzato da Legambiente e Serico-Gruppo Cresme ha previsto che nel 2016 saranno 4.395 i comuni che, in assenza di interventi, subiranno un progressivo disagio abitativo: il 42,2 % dei comuni italiani, il 10,4 % della popolazione. Di questi ben 1.650 sono destinati a diventare delle vere e proprie città fantasma, ovvero un quinto dei comuni italiani, il 4,2 % della popolazione. Alle già numerose ghost town se ne andranno quindi ad aggiungere altre, in un vorticoso moto di inesorabile abbandono. 
Per molti la città fantasma è un luogo dal fascino misterioso, angoli remoti in cui si può sperimentare l'assenza dell'uomo dove un tempo invece era assidua presenza. Apocalittiche vedute di un passato distrutto, dove una macchina fotografica o una videocamera possono immortalare un vissuto decadente ma che seduce e attrae. Ma non per tutti è così... Per chi ci ha abitato non è un paese fantasma, è la sua casa che scompare nell'oblio. Nel nostro viaggio attraverso questi paesi abbiamo soprattutto incontrato queste persone che amaramente ci hanno detto: "Ci hanno dimenticati...". E' questa la verità. Abbiamo dimenticato che in Italia ci sono ancora luoghi autentici e meravigliosi, dove convivono culture e tradizioni di un tempo, dove la gente vive con semplicità e passione per le proprie radici. Abbiamo visto questi paesi spopolati, abitati solo da anziani perchè ormai i giovani se ne sono andati. Quegli stessi anziani che già hanno dovuto abbandonare la loro casa e che ora vedono il proprio paese scomparire. Le città fantasma possono essere ancora valorizzate raccontandone la storia, basta non rimanere nell'indifferenza. Sono esistite e tentano ancora di sopravvivere ma se non si fa qualcosa moriranno insieme alle ultime persone che ci hanno abitato. Bisogna far sì che vengano ricordate e soprattutto far sì che non crollino per sempre. E se per molti paesi è già troppo tardi per altri si può fare ancora qualcosa per contrastarne l'abbandono e per impedire che un pezzo di questa Italia venga dimenticato. Un luogo senza memoria non ha futuro, ma il futuro è quello che noi ci creiamo nel presente...


 

Roscigno Vecchia


Molti dei borghi fantasma che si trovano in Italia abbondano in particolare nell'Italia Meridionale dove la natura ostile e una cattiva manutenzione del territorio, causano spesso movimenti franosi, smottamenti del terreno, alluvioni o terremoti disastrosi. Una delle zone maggiormente interessate è la provincia di Salerno, dove si trova lo splendido borgo fantasma di Roscigno Vecchia.
Roscigno sorge nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, riserva naturale dell'Unesco. Grazie alla sua remota posizione oltre i Monti Alburni, il paese è rimasto a lungo nascosto a turisti e viaggiatori, per cui ancora oggi conserva la sua antica e originaria struttura urbanistica.


Le origini di Roscigno risalgono al IV secolo a.C. ma solo nel 1500 si costituì Comune autonomo, ereditando il nome dal termine dialettale "Ruśignuòlo", che significa usignolo. Costruita su un terreno argilloso e instabile, tuttavia, Roscigno fu spesso soggetta a frane che, col passare del tempo e l'intensificarsi dei crolli, costrinsero la popolazione ad abbandonare il paese. Non tutti però se ne andarono e molti vi rimasero sino alla morte, come la signora Dorina che ha vissuto nella sua casa sino al 2000, quando la morte ha portato via anche lei, l'ultima abitante di Roscigno...

Dorina

Roscigno è un vero e proprio museo a cielo aperto. Passeggiare per il borgo è come fare un salto nel passato e riscoprire la cultura e l'anima di una comunità rurale che sembra andata perduta. Ancora oggi i sentieri di Roscigno sono percorsi da mandrie di pecore, cavalli e contadini che vanno a lavorare nei campi, mentre la popolazione ha mantenuto un forte legame con il paese abbandonato, regalandogli una sorta di nuova vita.



Nel 1997 la Pro Loco del posto ha inoltre creato un museo nel quale viene conservata la memoria storica del paese. E' il Museo della Civiltà Contadina, nel quale sono stati riuniti i cimeli e le foto della comunità rurale del passato.
Speriamo che Roscigno, insieme ad altri paesi fantasma che abbiamo visitato, possa continuare ad esistere come esempio di antico paese rurale e possa essere conosciuta in tutto il suo splendore.

Di seguito un estratto del documentario Roscigno Vecchia e il Cilento dimenticato


Per sapere di più sul borgo abbandonato di Roscigno puoi trovare il documentario a questo link .

Link esterni:  
http://www.roscignovecchia.it/ 
http://www.roscignovecchia.com/